Migliorare la forza negli sport di resistenza: gli errori da non commettere
Negli ultimi anni, è emerso come associare un protocollo per migliorare la forza all’allenamento convenzionale negli sport di resistenza, comporti benefici sia a livello della prestazione che della salute: ma quali sono gli errori da non commettere per integrare questi esercizi nella propria routine?
Nei prossimi articoli vedremo invece singoli programmi da inserire nell’allenamento della corsa, del ciclismo e del triathlon.
Perché allenare la forza negli sport di endurance?
Abbiamo già parlato dell’allenamento della forza in generale. Ecco i fattori cruciali nella prestazione di media e lunga distanza sono certamente 3:
1. Il massimo consumo di ossigeno VO2max (vedi altri due [1], [2], [3] articoli);
2. Il costo energetico di locomozione EC;
3. La resistenza aerobica AE (quindi la soglia aerobica).
È comprensibile che il parametro della forza non sia passato inosservato agli sprinter, sia podisti che ciclisti su pista, ma è stato a lungo ignorato dagli atleti di endurance (interessante l’articolo sul volume del gluteo e la velocità sui 100mt). Eppure l’allenamento della forza risulta cruciale anche per chi pratica la media e la lunga distanza, riducendo il rischio di infortunio e contribuendo alla prestazione. Questo accade perché entro un certo range, l’aumento della forza impatta in senso positivo sull’EC costo energetico di locomozione e migliora naturalmente la nostra velocità in generale. Inoltre l’ipertrofia muscolare contribuisce entro un certo limite al controllo delle articolazioni. Esiste quindi un punto di incontro (una curva di efficienza) tra quanto siamo forti e performanti e quanto siamo leggeri e resistenti.
Perché il parametro della forza è stato a lungo ignorato dagli atleti di endurance?
Naturalmente il maratoneta, il ciclista su strada hanno sempre cercato di essere il più leggeri possibile (meno il triatleta che si deve confrontare con la fase di nuoto). Una minore densità di nucleotidi nelle fibre muscolari, più volume per le stesse fibre (diciamolo con parole semplice) non poteva che essere una scelta inefficiente. Rispetto al grasso poi, il muscolo è più pesante a parità di volume e questo impatta sul consumo energetico dell’atleta di resistenza.
Il secondo motivo per cui c’è una certa resistenza al potenziamento è che questo toglierebbe tempo all’allenamento del movimento centrale, sia questa la pedalata o la corsa. Va ricordato che gli allenamenti di forza sono tendenzialmente più concentrati nel tempo rispetto a quelli destinati alla performance aerobica.
Errori da non commettere per migliorare la forza negli sport di resistenza
Ma come iniziare a lavorare con pesi, kettlebell o elastici? Identifichiamo gli errori da non commettere per migliorare la forza negli sport di resistenza.
1. Buttarsi a capofitto in esercizi come squat o affondi senza comprendere che questi esercizi sono movimenti complessi che vanno compresi e perfezionati anche a vuoto;
2. Scegliere di non recuperare mai aggiungendo l’allenamento di forza a quello di resistenza senza rispettare i giusti tempi di stop settimanale;
3. Confondere esercizi come la corsa in salita con esercizi di forza. Quelli sono esercizi per il nostro VO2max o per la nostra forza esplosiva, non assoluta;
4. Non farsi le 3 domande fondamentali prima di allenarsi, vediamole di seguito:
Quante ripetizioni e serie eseguire?
Se è di forza che stiamo parlando andremo sempre a lavorare con carico alto, cioè indicativamente vicino al nostro massimo (massimo rispetto al numero di serie che vogliamo applicare, non assoluto). Le ripetizioni non possono essere molte, così le serie o il numero di set. Normalmente cerchiamo un range tra le 8 e le 12 ripetizioni per esercizio, ma se vogliamo stressare davvero il rapporto tra carico e spinta potremmo scendere a 4-6 ripetizioni.
Un allenamento può durare tra mezz’ora e un’ora inclusi i recuperi che possono essere superiori al minuto se si sta lavorando sulla sola forza.
Che carico usare?
La regola deve essere quella della progressività e della prudenza, soprattutto per chi ha un basso indice di massa. Per maggiore sicurezza è giusto lavorare a buffer, ovvero raggiungendo quella serie che è a una o due ripetizioni dalla rottura, dal cedimento.
Come faccio a sapere se sto migliorando?
Quando corriamo il nostro smartwatch ci rivela con precisione se i nostri tempi e il nostro passo stanno migliorando o peggiorando. Ma come fare con i pesi?
Arriviamo a capire il nostro range d’azione consapevoli che il fattore psicologico ha una grande importanza quando lavoriamo con i pesi. L’istinto è quello di caricare pochissimo se si ha paura, o troppo per imitare il nostro amico che pratica sollevamento da 10 anni. Capito il nostro carico, dobbiamo aumentare con micro carichi anche da 250g se necessario per trovare il nostro parametro allenante di carico. Ricordiamoci anche che quando cediamo, non ce la facciamo più non è sempre come nella corsa; o come quando “prendiamo la crepa” in bici. Con i pesi lo stimolo neuromuscolare è breve ma intenso, “tutto adesso”, ed è a livello neurologico che si generano i primi cedimenti. Ma è proprio questo genere di stimoli che migliorerà la nostra prestazione altrimenti legata a un movimento ripetitivo, economicizzato e talvolta quasi passivo.
Ah e non dimenticatevi di assumere le nostre proteine quando vi allenate!